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Tanti modi di dire Natale

Regione per regione i menu delle feste all'insegna della tradizione e le ricette per provare le specialità tipiche da nord a sud

Paese che vai, usanza che trovi. Un detto che è tanto più vero a Natale, quando l’Italia diventa la penisola delle tradizioni culinarie. Ogni festa che si rispetti è accompagnata da sapori e dalla cucina tipica, che con le ricette tradizionali mantiene vive usanze ormai consolidate.

Ma le tradizioni sono molto differenti tra regione e regione, anche influenzate dal clima e dalla storia. E ad accompagnarle, di volta in volta, i vini tipici della zona.

In Valle d’Aosta si parte a pranzo con gustosi antipasti: mocetta (tipica carne secca) su crostini al miele, lardo con castagne cotte, crostini con fonduta e tartufo; un classico, primo o piatto unico, è la zuppa alla Valpellinentze (cavolo, verza, fette di pane raffermo, fontina, brodo, cannella e noce moscata); mentre il secondo tradizionale è la carbonade (vedi ricetta). Tra i dolci, le pere a sciroppo servite con crema di cioccolato e panna montata, caffè mandolà molto robusto alle mandorle tritate, e le tegole, pasticcini secchi.

Anche in Piemonte trionfano antipasti tradizionali quali il batsoà (zampini di maiale lessati e poi fritti), la finanziera, i capunet (vedi ricetta), acciughe al verde, il vitel tonnè, mentre tra i primi non possono mancare zuppiere fumanti di agnolotti al plin con sugo d’arrosto e ravioli. Per il pranzo del 25 sono protagonisti il Cappone di Morozzo al forno, il gran bollito di Carrù e Moncalvo. Non può mancare la verdura in bagna cauda. Tra i dolci: mousse di mele rosse Igp, torta di nocciole e zabaione, torrone d’Alba.

In Liguria la tradizione della vigilia era una zuppa di pane in brodo di trippa. Oggi si è meno morigerati e si cena con i tradizionali maccheroni in brodo. Il pranzo di Natale vede ravioli alla genovese (ripieno di vitello, animelle, uova, erbe, pangrattato e Parmigiano), stecchi fritti (vedi ricetta), cappone o cappon magro (fatto esclusivamente di verdure o di pesce). Tra i dolci il pandolce (di farina, uvetta, zucca candita, essenza di fiori d’arancio, pinoli, pistacchi, semi di finocchio latte e marsala).

Il piatto simbolo del Natale lombardo è da sempre l’anguilla, cotta in un fondo di robusto Barbera sul Ticino, in cartoccio con timo e limone sul lago d’Iseo e infine “cont i faseu (fagioli)” sui Navigli milanesi. Il consommé di cappone o i tortellini o casoncelli in brodo introducono il cappone farcito con l’immancabile mostarda di Cremona.

Carne con i crauti anche a Natale in Alto Adige, nel rispetto della tradizione tirolese. A Bolzano il simbolo delle feste è lo Zelten (vedi ricetta), tipico dolce di frutta secca. La tradizione vuole che la fetta più grande spetti al capo famiglia, mentre le fette più piccole erano riservate alle ragazze “in età da marito”.

In Trentino sono i canederli i protagonisti a tavola. Di secondo è la cacciagione il must natalizio: capriolo o capretto al forno con patate, mentre per dolce lo strudel con Vin Santo.

La tradizione della cena della vigilia in diverse zone del Veneto voleva in tavola i cornioi, cioè le lumache, la cui antica ricetta prevedeva che ne venissero preparate ben 200, accompagnate da olio, vino bianco secco, burro, aglio, sedano e prezzemolo. Nel Vicentino, al pranzo di Natale, il piatto tradizionale è ancora oggi la minestra di tagliatelle con fegatini in brodo di cappone e di manzo. Simbolo del Veronese è invece il bollito misto alla veronese con pearà (una salsa piccante a base di midollo e pangrattato) con un Valpolicella rosso Ripasso. Non può mancare in quasi tutto il Veneto, tra i secondi, la polenta e baccalà (vedi ricetta), oppure il lesso di manzo «al cren» (salsa di rafano) con contorno di purè di patate. Trionfa tra i dolci il pandoro di Verona, abbinato al Recioto di Soave.

La tavola natalizia tradizionale del Friuli Venezia Giulia è composta da una serie di pesci “fritura, sardele, segui, sgombri, bisate e masonite”. Per la cena della vigilia, i triestini considerano quasi d’obbligo il risoto co’ i caperzoli (arselle) oltre che la pasta co’ le sardele salade. Dopo la mezzanotte, a Trieste, quando l’imposizione del digiuno natalizio è scaduta, si servono le trippe fumanti. Per il pranzo del 25 invece non può mancare il maialino al forno sostituito a volte con la tacchina ripiena, in alcune zone si prepara la brovada e muset (zuppa di rape e cotechino) con polenta. Come dolce la gubana (vedi ricetta).

In Emilia Romagna antipasto d’eccezione il tradizionale culatello di Zibello e i salumi piacentini: pancetta, coppa e salame; mentre i primi sono quelli celebri della tradizione: tagliatelle al ragù, lasagne, tortellini in brodo (con ripieno di carne) e passatelli in brodo. Il secondo è per antonomasia il carrello dei bolliti, con cotechino di Modena e zampone con le lenticchie. Per digerire un piccolo morceau di formaggio di fossa con la Saba (mosto cotto e aromi naturali). Il Panone di Natale di Bologna (a base di farina, mostarda di mele cotogne, miele, cacao, cioccolata fondente e fichi secchi) conclude dolcemente la festa con un calice di Albana passita.

In Toscana tra gli antipasti i crostoni di fegatini introducono il brodo di cappone in tazza o cappelletti in brodo, mentre di secondo ci sono l’arrosto di faraona, d’anatra, i fegatelli e i tordi con insalata oppure cappone ripieno e sformato di gobbi (vedi ricetta). I cantucci con il Vin Santo celebrano le feste.

La vigilia nelle Marche è una ghiotta occasione per mangiare pesce, stoccafisso e baccalà.

Protagonisti al pranzo invece sono i cappelletti in brodo, seguiti dal bollito con verdura cotta o cardi e dalla carne arrosto. Chi vuole invece mangiare “grasso” si dedica ai Vincisgrassi (vedi ricetta).

Dolce tradizionale la pizza de Natà (pasta di pane con frutta secca, uvetta, cioccolato in polvere, limone e arancio grattugiati, fichi e zucchero) e il fristingo (impasto di fichi, cioccolato, canditi e frutta secca) con un bicchiere di vino cotto o di visciole (ricavato dalle amarene).

Anche in Umbria il pesce a Natale la fa da padrone con ricette gustose quali la bottarga trinciata, le tartarette di mangiar bianco, le trote marinate e pasticci di ostriche calde.

Tra i primi, i cappelletti ripieni di cappone e piccione, cappone bollito e contorno di cardi umbri.

Tra i dolci, il panpepato e il torciglione serpentello di pasta dolce e mandorle.

Il tradizionale menu della vigilia di Natale in Lazio prevede ancora oggi il brodo di pesce seguito dalla pasta asciutta al sugo di tonno e per secondo il fritto misto di verdure (broccoli e carciofi) e baccalà annaffiato da Frascati o l’intramontabile baccalà in umido con pinoli e Zibibbo. Il giorno di Natale il trionfo spetta all’abbacchio al forno con il rosso dei Castelli romani. Per dolci il pampepato e pangiallo (frutta secca e canditi con farina, miele e cioccolato).

Sulle tavole d’Abruzzo alla vigilia campeggiano i fidelini con le sarde, il baccalà, le anguille, i capitoni fritti e altri piatti a base di pesce. Il pranzo vede protagonisti la minestra di cardi e la lasagna con macinato, mozzarella e Parmigiano, mentre gli arrosticini di pecora al forno sono il secondo più gradito se annaffiati dal rosso Montepulciano d’Abruzzo. Diversi i dolci come calcionetti fritti (panzerottini dolci con marmellata d’uva nera) e le ferratelle (ostie con ripieno di mandorle, noci e miele).

In Molise, oltre al classico brodetto alla termolese (vedi ricetta) per la cena della vigilia, ci sono le sagne in brodo, pregiato timballo di lasagne cotte nel brodo di gallina e imbottite con uova, pecorino e scamorza. Tipico è anche il baccalà arracanato (mollica di pane, aglio, prezzemolo, origano, uva passa, pinoli e noci) o baccalà al forno.

Si banchetta anche in Campania con la minestra maritata di cicoria scarola, spaghetti alle vongole, cappone imbottito e insalata di rinforzo, accompagnate dalle immancabili friselle (crostini di pane ammollati) e dai broccoli con aglio e peperoncino.

Come dolci gli struffoli (vedi ricetta), di origine antichissima e frutta secca.

Alla vigilia in Puglia è tradizione mangiare i frutti di mare crudi. Gli antipasti di Natale invece sono panzerotti fritti con ripieno di mozzarella, pomodoro e formaggio o con ricotta scuantr’ (spalmabile ma molto forte), anguilla arrostita; si prosegue con baccalà in umido (con cipolla e olive) e baccalà fritto, e ancora con agnello al forno con lampascioni. Come dolce le pettole (frittelle tonde), le cartellate (dolci fritti a forma di rosa) e i porcedduzzi (frittelline piccolissime con miele o zucchero).

In Basilicata è la diversità del condimento utilizzato a indicare l’importanza della festa: per il Natale si ricorre a sughi preparati con polli e conigli ruspanti con cui si condiscono gli Strascinari (pasta casereccia). Di secondo il baccalà lesso con peperoni cruschi (seccati al sole).

Tra i dolci le scarpedde: sfoglie di pasta fritta e coperte di miele e i calzoncelli (panzerotti fritti ripieni di salsa di ceci o castagne).

In Calabria i riti del Natale cominciano il 20 dicembre, quando si preparano i dolci realizzati con miele d’api o di fichi e olio di frantoio. Il 23 dicembre invece è dedicato alla frittura dei pittuli (vedi ricetta), che si consumano insieme a parenti e amici. Come antipasti: crespelle ripiene alle alici e salumi Dop come salsiccia, capicollo, pancetta e sopressata con aggiunta di pecorino crotonese e caciocavallo silano. Tra i primi, le scillatelle (o fileya) con ragù di maiale, minestra maritata con verdure di campo e fagioli, mentre tra i secondi capretto al forno alle erbe selvatiche con patate. Tra i dolci, fichi a crocetta ricoperti al cioccolato, dolci al cedro e al bergamotto. Per finire in bellezza, il liquore alla liquirizia e la grappa al peperoncino.

In Sicilia non c’è cena della vigilia senza la pasta con le sarde. Ma i piatti di Natale sono infiniti e gustosissimi sull’isola: insalate di arance con aringa e cipolla, sformato di anellini al forno con ricotta, di secondo le sarde in beccafico, la carne con pancetta coppata con contorno di sparaceddi e caponata e agnello al forno. Per dolci, buccellati di Enna, cassate, cannoli e mustazzoli con un calice di Zibibbo di Pantelleria.

Infine, la festa è grande anche in Sardegna, dove si prepara la fregula, sorta di cuscus di semola di grano duro cotta nel brodo di gallina e condita con formaggio fresco in salamoia (casu de fitta) e pecorino grattugiato. Tra gli antipasti, salsiccia, pecorino e olive “a schibeci”. Tra i primi i culurgiones de casu (vedi ricetta) conditi con sugo di pomodoro e pecorino grattugiato. Poi agnello con patate al forno e porcetto al mirto con Cannonau di Jerzu.

Tra i dolci, le seadas al miele (dolci fritti al formaggio).

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